mercoledì 28 novembre 2007

In memoria di Benedetto Petrone, barbaramente ucciso dai fascisti a Bari il 28 novembre di 30 anni fa

Anche il silenzio è un modo di uccidere

Il 28 novembre del 1977 a Bari veniva assassinato da una squadraccia fascista il compagno Benedetto Petrone. La città reagì con un movimento di lotta contro il fascismo e il suo tessuto organizzativo, e ripropose a livello di massa i valori più genuini della Resistenza, delle lotte antifasciste vissute come lotte anticapitaliste, contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per una società senza classi.

Tale movimento ritrovò nella mobilitazione di massa e nell'azione diretta la giusta risposta militante al barbaro assassinio del compagno Benedetto, avvenuto a distanza di soli due mesi dall'assassinio di Walter Rossi a Roma.

Tale risposta di massa ebbe l'immenso valore di sintetizzare delle indicazioni politiche chiare:
- la necessità di battere il fascismo con la mobilitazione di massa;
- la necessità di non delegare allo Stato e ai suoi organi rappresentativi tale compito; non solo perché fascismo e Stato vivevano come sempre a braccetto; non solo perché i fascisti, anche a Bari, avevano avuto tutte le coperture possibili e immaginabili, ma soprattutto perché gli operai, gli studenti, le donne, i disoccupati non potevano, ieri come oggi, scindere le lotte contro il fascismo da quelle contro la disoccupazione, contro l'emarginazione, contro il lavoro nero, contro l'aumento dei prezzi, contro la repressione, contro le leggi liberticide.

Ridicoli furono, ieri come accade anche oggi, i tentativi di criminalizzare tale movimento attraverso l'uso terroristico della stampa.
L'azione del movimento di lotta, che la stampa ed i partiti istituzionali tentarono di presentare come azioni di teppisti, si diresse contro il tessuto organizzativo dei fascisti, colpendo le loro sedi organizzative; i loro posti di ritrovo, negozi gestiti da noti squadristi e criminali..

Anche in quegli anni era chiaro che non si elimina il fascismo soltanto colpendone il tessuto organizzativo, ma anche organizzandosi all'interno dei quartieri, con reti di mobilitazione antifascista permanenti, che svolgono attività di recupero della memoria, di controinformazione, di vigilanza, togliendo ogni agibilità politica ai fascisti, impedendo che possano utilizzare piazze e luoghi cittadini, sia per radunarsi che per organizzarsi.

Solo in questo modo Benedetto non è morto invano, e il suo ricordo rimarrà sempre vivo, non solo tra i compagni che gli sono stati vicini nelle lotte, ma tra tutti gli sfruttati che lottano e lotteranno per la liberazione dallo sfruttamento e dall'oppressione.

Ancora oggi la mobilitazione è importante per giungere all'obiettivo da tutti auspicato, di chiudere i covi fascisti, di impedire che nelle scuole e nei quartieri possano continuare a scorazzare seminando il panico tra i giovani e gli immigrati, di contribuire alla crescita della coscienza politica e della partecipazione diretta di tutti e tutte.

L'antifascismo non va delegato, perché la sua forza risiede nella determinazione e nella capacità del movimento di immigrati, studenti, operai, donne, disoccupati, di costruire e di portare avanti un processo di trasformazione radicale della società, un processo di costruzione di una società senza classi, autogestita ed egualitaria.

A distanza di 30 anni, oggi come allora, resta ferma la scelta dei comunisti anarchici di favorire nel territorio la nascita e lo sviluppo di organismi di base antifascisti in grado di mobilitarsi nella lotta contro il razzismo, contro il sessismo, contro il patriarcato, contro lo sciovinismo, contro la legge della sopraffazione che arma il neofascismo al servizio dei padroni di sempre.

Federazione dei Comunisti Anarchici
28 novembre 2007

mercoledì 21 novembre 2007

ROMA, 24 NOVEMBRE - MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Aderiamo alla manifestazione del 24 novembre contro la violenza sulle donne perché non è solo una cosa che riguarda le donne, anche se da essa sono le donne, di ogni orientamento sessuale, che devono difendersi.
Se ne devono difendere quando la subiscono, se ne devono difendere quando essa viene usata, anche strumentalmente, contro di loro, per restringere ancora di più gli spazi di libertà che ciascuna di noi si è conquistata.
È vero che la violenza contro le donne è trasversale alle classi, ma perché in essa si ripete un meccanismo di sopraffazione e di dominio che dello sfruttamento fa pietra angolare.
Vittime sbattute in prima pagina, usate vergognosamente per nascondere l’inesistenza di politiche sociali di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l’abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, le tensioni causate dal sempre maggiore impoverimento, il cedere di tanta società civile al caldo richiamo della tradizione. E vittime di serie B perché uccise all’interno di famiglie normali, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio o da una cultura straniera, facile da colpevolizzare. Perché all’interno della tanto celebrata famiglia si sfoga sui soggetti più deboli la paura di rapporti solidali, paritari, liberamente scelti e gestiti che minerebbero la società, questa società patriarcale, gerarchica e autoritaria che conosciamo e subiamo.
E poi vittime innominate dello sfruttamento, vendute e comprate per pochi spiccioli, carne da macello o da lavoro, schiave senza voce e senza diritti, chiuse in capannoni o esposte sulle tangenziali. Ogni violenza contro di loro aumenta la violenza contro tutte.
Ma la violenza contro le donne non può essere sconfitta da nuove leggi, sempre più inefficaci, né da ronde notturne né da più pattuglie per le strade. Può essere sconfitta solo dalla libertà, da una sempre maggiore autonomia personale, che passa per le battaglie per il reddito, per la parità salariale e per i servizi sociali, dalla solidarietà tra donne e dal percorso di crescita, individuale e collettivo, di donne e uomini capaci di andare oltre i modelli culturali imposti dalla sacra triade chiesa (che propone) mercato (che dispone), stato (che impone)

Federazione dei Comunisti Anarchici
www.fdca.it
22 novembre 2007

lunedì 19 novembre 2007

FdCA, 2° Attivo Nazionale sull'intervento dei comunisti anarchici nel territorio

Roma, 18 novembre 2007

presso Laboratorio Sociale La Talpa - Quarticciolo


Vi partecipano compagn* provenienti da Abruzzo, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana e Sicilia

Lo sfruttamento capitalistico del territorio si dispiega implacabilmente ed indifferentemente nelle metropoli, come nei piccoli centri; lungo le reti neuronali della valorizzazione speculativa delle risorse ambientali ed infrastrutturali come nelle aree interne.

L'emergenza abitativa, il degrado ambientale, lo scasso del territorio operato dalle privatizzazioni, dalle cartolarizzazioni, dal militarismo, dal saccheggio del suolo e delle risorse pubbliche, stanno modificando profondamente il rapporto tra tempi di vita ed uso del territorio, tra autonomia salariale dei lavoratori/trici, cittadin* ed abitanti, e possibilità di accedere ai beni collettivi, ai servizi, sempre più privatizzati, monetizzati e sottratti al controllo sociale collettivo

Quanto più arretra la capacità di acquisto dei salari con il conseguente aumento dell'indebitamento a scapito dell'autonomia di reddito dei lavoratori/trici e delle loro famiglie, tanto più diventano inaccessibili – se non a costo di sacrifici, rinunce e ricatti finanziari- diritti, servizi, beni e progetti di una vita migliore.

Questo attacco alle condizioni di vita, questo impoverimento collettivo non potrebbe essere portato a buon fine senza un quadro di impoverimento culturale e politico volto ad assicurare la disgregazione degli interessi collettivi, la polverizzazione della partecipazione e l'esaltazione dell'individualismo a scapito della solidarietà.

Ecco quindi martellanti operazioni di propaganda securitarie e razziste, il tentativo di scaricare il disagio sociale su parti di popolazione, gli immigrati in particolare, nel tentativo di innescare la solita guerra tra poveri.

Questa offensiva del capitalismo è facilitata dall'impreparazione e dall'opportunismo della sinistra istituzionale in buona parte dilaniata tra crisi di identità e scelte di gestione filogovernative, e solo parzialmente contrastata da movimenti che partendo da problematiche locali riescono ad aggregare significative alleanze, acquistando a volte valenza nazionale.

Ma l'opposizione sociale mostra nonostante tutto una sorprendente capacità di azione, nelle metropoli dove è più evidente il disagio così come nelle aree del paese dove l'immiserimento è ancora nascosto dalle pieghe del decoro, a partire dai bisogni materiali e dalla rivendicazione di diritti, come quello alla casa, alla salute e ai servizi essenziali per tutt*, migranti compres*, anche partendo da una vertenzialità a volte estenuante per il soddisfacimento dei bisogni minimi con un paziente lavoro che mira alla ricomposizione di diritti individuali in diritti collettivi e che superi logiche clientelari e assistenzialistiche.

La difesa del territorio e delle risorse naturali dalla gestione dissennata del capitalismo, pur rischiando la mera difesa dell'esistente, dimostra una ripresa di attenzione e di cura dei beni pubblici, e una sempre minore acquiescenza verso uno "sviluppo" imposto che non garantisce la salute di tutti di fronte alla ricerca del profitto di pochi.

A tutto questo si affianca l'intervento di tipo culturale e politico capace di contrastare l'avanzata strisciante della destra, con i suoi contenuti di violenza razzista, sessista, identitaria che rischiano di fare sempre più breccia nel senso comune ed alzano steccati fra lavoratori/trici di diversa provenienza geografica. L'antifascismo perde così il carattere rituale in cui lo aveva confinato la memorialistica di Stato per riacquistare l'urgenza politica della lotta contro la sopraffazione e l'autoritarismo, lotta in cui per vincere occorre saper costruire il fronte più ampio e unitario. Ugualmente prioritaria la difesa della laicità e il superamento delle identità religiose, culturali e nazionali e la creazione di spazi di libertà e di elaborazione collettiva per ricostruire un tessuto sociale di libertà, solidarietà e di mutuo appoggio.

Si tratta solo apparentemente di diversi ambiti di lavoro, in realtà facce della stessa battaglia, volta a riacquistare autonomia di classe e progettualità libertaria, unica alternativa alla barbarie fratricida in cui il capitalismo cerca di trascinarci usando le armi della divisione anche etnica, della repressione, del bombardamento massmediatico.

In questo contesto l'intervento dei/delle militanti della FdCA, così come de* attivist* anarchic* e libertar*, si caratterizza pertanto

•per il contributo di merito nella riflessione volta ad identificare e amplificare le caratteristiche anticapitalistiche e di classe spesso solo implicite in molte delle lotte sul territorio, a svelare la natura classista delle politiche di sfruttamento e gestione del territorio da parte dei poteri forti di ogni colore, a costruire una diversa gestione del territorio basata sull'individuazione dei bisogni reali e non indotti e su una partecipazione diretta alle scelte di pianificazione

• per il contributo di metodo nel garantire orizzontalità e una corretta prassi libertaria, nello contrastare logiche lobbystiche e di delega che finiscono per creare nuove leadership e un solo momentaneo ricambio di ceto politico che spesso cerca di usare le mobilitazioni nel territorio come palestra a fini di carriera

•per la spinta verso la federabilità delle lotte, delle strutture auto-organizzate, dei movimenti e per la ricerca di alleanze che permettano il massimo di iniziativa dal basso e lo sviluppo di rapporti di forza favorevoli alla base.

Per l'alternativa libertaria,

Federazione dei Comunisti Anarchici

(la FdCA ringrazia le compagne ed i compagni del Laboratorio Sociale La Talpa di Roma per l'ospitalità ed il pregnante contributo al dibattito)

giovedì 15 novembre 2007

Genova 2001 - Genova 2007

Per non dimenticare che non ci sono poteri buoni

La Federazione dei Comunisti Anarchici aderisce alla manifestazione genovese del 17 novembre per denunciare e contrastare con la mobilitazione, le ultime decisioni reazionarie del governo italiano riguardo la commissione parlamentare d'inchiesta sui tragici fatti di Genova 2001.

"Devastazione e saccheggio", unitamente al "concorso psicologico" e alla "compartecipazione" sono le accuse che hanno portato alla richiesta di 225 anni di galera, assieme alla richiesta di danni per milioni di euro, per 25 imputati, alcuni di loro anche feriti dalle forze dell'ordine oltre a quelli della Diaz e della caserma di Bolzaneto, tutto questo mentre i danni subiti dai partecipanti alle manifestazioni di quei giorni non verranno risarciti.

Invece i vertici delle forze dell'ordine operanti in quei giorni hanno avuto solo promozioni, e nessuna inchiesta ha portato a responsabilità dei "tutori dell'ordine".
Speriamo che ormai sia chiaro a tutti quanto le istituzioni continuino ad operare col solo intento di demonizzare il movimento, continuando a dare massimo risalto agli episodi di saccheggio della città di Genova e sorvolando volutamente sui gravissimi episodi di violenza fisica e psicologica ai danni di manifestanti inermi, nonché sulle oscure manovre all'interno dei "palazzi", in quei giorni veri e propri covi di un "potere fascista" ben conscio di appoggio e protezione incondizionata.

Vogliono che si continui a parlare solo ed esclusivamente dei soggetti a cui è stato permesso di mettere a ferro e fuoco la città. Lo vogliono oggi come allora hanno voluto tacere su tutto quel movimento, anche anarchico, che ha sfilato per la città di Genova pacificamente con le proprie bandiere e i propri specifici contenuti e che, mentre i "fantomatici black block" si dedicavano indisturbati ad una metodica opera di devastazione, si è trovato di fronte schieramenti di polizia intenti ad un'opera di repressione armata contro le mani nude di migliaia di donne ,uomini giovani ed anziani, intensificando con più rabbia la repressione anche contro quanti accorsi a Genova alla notizia della morte di Carlo Giuliani.

Non abbiamo dato allora questa opportunità e non daremo oggi l'opportunità di archiviare quanto di vergognoso è avvenuto in quei giorni.
Quel movimento chiede oggi la verità sulle responsabilità politiche di chi ha gestito quei giorni.
Chiede la ammissione delle violenze inaudite compiute dalle forze dell'ordine e dalla loro catena di comando.
Chiede giustizia sulla repressione e sui soprusi subiti dalla città e da chi in quei giorni ha vissuto un'ingiustificabile violenza.

In quanto parte delle mobilitazioni internazionali contro il G8 del 2001, in quanto partecipanti alle manifestazioni di quei giorni a Genova, i comunisti anarchici "pur non aspettandosi nessuna giustizia dalle istituzioni dello stato" si riconoscono pienamente nel movimento che oggi scende in piazza per chiedere verità e non dimenticare quelle giornate e per ricordare che "la violenza armata è dello Stato ed è sempre violenza contro gli inermi".

Federazione dei Comunisti Anarchici

14 novembre 2007

martedì 6 novembre 2007

DALLA CACCIA AL TERRONE ALLA CACCIA AL RUMENO

Qualche decennio fa bastava essere “terrone” per essere considerato mafioso, violento ed inferiore alla pura razza del Nord Italia; se rintracciati “fuoriluogo”, per esempio in cerca di lavoro al Nord e in difficoltà di trovare lavoro e alloggio, si veniva rispediti al paese natale con foglio di via.
Oggi molti dei figli, dei nipoti di quei terroni che ce l'hanno fatta a trovare lavoro al Nord hanno dimenticato grazie al meccanismo di oblio imposto dai poteri tutto questo e sono pronti a rifarsela con gli ultimi arrivati, soprattutto se provenienti dai paesi dell'Est, anche se molti/e di questi paesi fanno parte della stessa Comunità europea. Più crescono le difficoltà di arrivare a fine mese, più c'è il rischio che la gente cominci a ragionare sulle fortissime disuguaglianze economiche e sociali, più aumenta il bisogno di un capro espiatorio.
Ogni volta che c'è una crisi economica strisciante e che larghi strati della popolazione soffrono disagi economici e sociali spunta fuori un nuovo gruppo di terroni causa di tutti i guai. Fini & Co. soffiano naturalmente sul fuoco di questa situazione, d'altra parte restano fascisti e quindi il razzismo che è alla base della loro ideologia spunta fuori anche dalle camicie bianche e dai doppiopetti con i quali si presentano.
Ben più grave, ma perfettamente inserito nell’attuale quadro politico di inseguimento a destra del più becero senso comune, che per un pacchetto di voti da strappare a destra, ancora più a destra, se una donna viene assalita da un rumeno, è in fin di vita, immediatamente si proceda con un decreto che riguarda la possibile espulsione di tutti i rumeni, si abbattano le baracche in cui vivevano gruppi di individui al limite della sopravvivenza, si legittimino ronde e pestaggi. Così, con misure tanto demagogiche quanto inefficaci, si fa finta di aver risolto tutti i problemi, dall'aggressività di gruppi di emarginati che danno noia ai semafori alla povertà troppo visibile, in parallelo con quello che tanti bravi sindaci stanno facendo in giro per l'Italia: spazzare l’immondizia sotto il tappeto. E pazienza se si è barato sulle cifre per costruire l’emergenza.
E questo fa ancora più rabbia pensando alle tante donne barbaramente uccise, anche solo in questi ultimi mesi, da uomini, mariti o fidanzati, per cui si parla di un generico raptus di follia, e che non sembrano meritare altrettanto dolore, altrettanta rabbia, altrettanta determinazione a far si che non succeda più. Vittime di serie B perché uccise all’interno della famiglia, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio, per nascondere il sempre maggiore impoverimento, l’inesistenza di politiche sociali di accoglienza e di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l’abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, il cedere di tanta società civile alle semplicistiche equazioni straniero=criminale. E dei fascisti che hanno aggredito i rumeni nella stessa zona che facciamo: li espelliamo dall'Italia e dalla comunità europea e li facciamo diventare apolidi o li consideriamo salvatori dell’italica patria?
Il guaio è che il trucco del “dagli all'untore” è destinato ai lavoratori/lavoratrici che avrebbero ben altri interessi. Quanti problemi reali sono nascosti dietro il problema della sicurezza, per volontà dei governi di asfaltare la società in un unico gregge silenzioso e penitente? Aumento del costo della vita, contratti non rispettati, precarizzazione sempre più avanzata, servizi sempre più privatizzati e costosi e sempre meno efficienti, crescente indebitamento per tutti, con conseguente aumento della ricattabilità e del controllo sociale. E della paura. Del domani. Dello scippatore. Del diverso.
Allora diciamo chiaramente che città più sicure sono città meno povere, in cui si trovano i soldi per dare una casa a chi non ce l’ha, dove investire in cultura significa mediazione culturale e inserimento scolastico prima che notti bianche e passerelle di star, dove nessuno è clandestino e quindi tutti possono lavorare in regola e non essere così ricattabili, dove la sopraffazione non è una catena senza fine che alla fine uccide i più deboli, di solito le donne.
Non quelle in cui si scacciano i bambini da un ricovero di cartone per paura dello straniero.
Ma per avere città come quelle che vogliamo, e non come quelle che stanno costruendo per noi, bisogna riprendere con più vigore la lotta di classe , fare in modo che le disuguaglianze diminuiscano, che la solidarietà fra donne e uomini di qualsiasi nazionalità riprenda con forza, riportando all'attenzione di tutti i limiti di questa società nella quale cresce sempre più la ricchezza di pochi e lo sfruttamento di molti e dove la violenza contro le donne ne fa da padrone.

Contro le politiche razziste e sessiste e il crescente stato di polizia
Unità, solidarietà, lotta di classe e femminista

FdCA