lunedì 7 febbraio 2011

Intervista con un attivista comunista anarchico in Piazza Libertà al Cairo

Puoi dirci come ti chiami ed a quale movimento fai riferimento?

Mi chiamo Nidal Tahrir, faccio parte di Bandiera Nera, un piccolo gruppo comunista anarchico egiziano.

Tutto il mondo guarda all’Egitto con occhi ed azioni solidali. Tuttavia, a causa dei tagli ai collegamenti internet, le informazioni sono difficili. Ci puoi dire cosa è successo in Egitto nella scorsa settimana? Quali sono le prospettive?

La situazione in Egitto è ad un punto cruciale. Tutto è iniziato col giorno della rabbia contro il regime di Mubarak il 25 gennaio. Nessuno si aspettava che un appello lanciato da un gruppo informale, via Facebook, denominato "Siamo tutti Khalid Said" (Khalid Said era un giovane egiziano ucciso dalla polizia di Mubarak' ad Alessandria la scorsa estate), facesse iniziare tutto questo. Quel martedì ci sono state grosse manifestazioni nelle strade di ogni città egiziana, poi mercoledì è iniziato il massacro. E’ iniziato con la repressione del sit-in a Piazza Tahrir nella notte di martedì scorso ed è continuato nei giorni seguenti, specialmente a Suez. Suez occupa un posto speciale nel cuore degli egiziani, perché fu il centro della resistenza contro i Sionisti nel 1956 e nel 1967. Lì si è combattuto contro le truppe di Sharon nella guerra israelo-egiziana. La polizia di Mubarak ha perpetrato il massacro con un bilancio di almeno 4 morti, 100 feriti, usando lacrimogeni, proiettili di gomma, lanciafiamme, strani liquidi chimici gialli spruzzati sulle persone. Venerdì è stato il Venerdì della Rabbia - Jumu'ah vuol dire venerdì in arabo, weekend di festa in Egitto e pure in molti paesi islamici. E’ un giorno sacro nell’Islam per le grandi preghiere di questo giorno, chiamate preghiere del Jumu'ah. Era stato previsto che dopo le preghiere di mezzogiorno partissero le manifestazioni, ma la polizia ha tentato di impedire i cortei con tutti i mezzi e con la violenza. Ci sono stati molti scontri al Cairo, (nel quartiere di Mattareyah, Cairo-est), in tutto l’Egitto, ma specialmente a Suez, Alessandria, Mahalla (sul delta, uno dei centri della classe operaia). Da mezzogiorno al tramonto, la gente ha marciato nella città, per confluire in Piazza Tahrir, chiedendo le dimissioni del regime di Mubarak, scandendo un solo slogan: "Il popolo chiede le vostre dimissioni". Al tramonto, alle 17.00, Mubarak ha imposto il coprifuoco ed ha portato l’esercito in città. Al coprifuoco è seguito un pianificato ritiro della polizia che ha lasciato il posto a criminali e malavitosi noti come Baltagayyah (significato simile a quello de “i bravi” manzoniani, ndt). La polizia aveva pianificato una evasione di criminali dalle prigioni di tutto l’Egitto per terrorizzare la gente. La polizia e l’esercito erano spariti dalle strade, le persone erano impaurite. Nei notiziari radio-TV e dei giornali sono girate notizie di vandalismi in diverse città egiziane, di ladri che sparavano sulle persone. Il popolo ha organizzato “comitati popolari” per rendere sicure le strade. Questa situazione faceva molto comodo al regime, dato che si diffondeva tra le persone il timore per l’instabilità del paese, ma è stato anche il punto di inizio per la costruzione di consigli operai.

Mercoledì 2 febbraio ci sono stati scontri tra oppositori e sostenitori di Mubarak. E’ andata proprio così? Chi sono i “sostenitori di Mubarak?" Che ricaduta hanno questi scontri sull’atteggiamento della classe lavoratrice egiziana?

E’ del tutto sbagliato parlare di scontri tra pro e anti-Mubarak. La manifestazione a favore di Mubarak era composta in gran parte da Baltagayyah e dalla polizia segreta, per attaccare i manifestanti in Piazza Tahrir. Ed è iniziata solo dopo il discorso di Mubarak di ieri, che seguiva poi al discorso di Obama. Personalmente penso che Mubarak si senta come un bue ferito che sta cercando di gettare sangue sui suoi aggressori. Vuole mettere a fuoco l’Egitto prima della sua caduta, facendo credere al popolo che lui è sinonimo di stabilità e sicurezza. Da questo punto di vista ha fatto anche dei progressi, formando una santa alleanza nazionale contro i manifestanti in Piazza Tahrir e contro la “Comune di Tahrir". Molte persone, specialmente i ceti medi, dicono che i manifestanti devono smetterla perchè l’Egitto è in fiamme e la carestia è alle porte, ma non c’è niente di vero, si tratta solo di un’esagerazione. Ogni rivoluzione incontra delle difficoltà e Mubarak sta usando la paura ed il terrore per durare più a lungo. E comunque credo che anche se – e sottolineo SE- i manifestanti fossero i responsabili di questa situazione, Mubarak deve andarsene, lui DEVE farlo per la sua inettitudine a gestire la situazione in corso.

Cosa accadrà nelle prossime settimane? Quanto peserà la posizione presa dagli USA?

Nessuno può sapere cosa accadrà domani o la prossima settimana. Mubarak è un idiota ostinato ed i media egiziani hanno lanciato la più grande campagna mediatica della loro storia per arginare la manifestazione prevista per il 4 febbraio. Si parla di un milione di persone in Piazza Tahrir, nel "Jumu'ah della salvezza". La posizione presa dagli USA peserà eccome. Mubarak è un traditore, capace di uccidere il suo popolo, ma non potrebbe mai dire di no ai suoi padroni.

Quale è stata la partecipazione degli anarchici su posizioni di classe? Chi sono i vostri alleati?

L’anarchismo in Egitto non ha molta influenza. Ci sono gli anarchici ma non sono ancora una corrente influente. Gli anarchici egiziani hanno preso parte tanto alle proteste quanto ai comitati popolari per difendere le strade dai malavitosi. Gli anarchici egiziani ripongono molte speranze in questi consigli popolari. I nostri alleati sono i marxisti, naturalmente. Non è tempo di dispute ideologiche – tutta la sinistra fa appello all’unità e si evitano le polemiche. In Egitto gli anarchici fanno parte della sinistra del paese.

Quali forme di solidarietà si possono costruire tra rivoluzionari egiziani e rivoluzionari in “occidente”? Cosa si può fare nell’immediato e cosa si dovrebbe fare sul lungo termine?

L’ostacolo maggiore per i rivoluzionari egiziani è il taglio delle comunicazioni. I rivoluzionari occidentali devono fare pressioni sui loro governi per impedire che il governo egiziano tagli le comunicazioni. Nessuno può dire cosa accadrà a lungo termine. Se la rivoluzione vince, i rivoluzionari dell’Occidente devono costruire solidarietà con i compagni egiziani contro un’attesa aggressione da parte dei USA ed Israele. Se la rivoluzione perde, ci sarà un massacro per tutti i rivoluzionari egiziani. "

Quali saranno le prime cose da fare, una volta che Mubarak si sarà dimesso? Se ne parla nel movimento per le strade? Cosa propongono i rivoluzionari anticapitalisti?

La cosa più importante ora, parlando delle rivendicazioni della piazza, è una nuova costituzione ed un governo provvisorio, e poi nuove elezioni. Su questo puntano molte componenti del movimento, specialmente i Fratelli Musulmani. I rivoluzionari anticapitalisti non sono poi tanti al Cairo – i comunisti, la sinistra democratica ed i trotzkysti chiedono le stesse cose su costituzione e nuove elezioni, ma per noi anarchici –anticapitalisti ma anche anti-statalisti- si tratterà di assicurare che i comitati popolari costituiti per proteggere e rendere sicure le strade, possano rafforzarsi e trasformarsi in veri consigli.

Vuoi dire qualcosa ai rivoluzionari all’estero?

Cari compagni in tutto il mondo, abbiamo bisogno di solidarietà, di una grande campagna di solidarietà e la rivoluzione egiziana vincerà!!


Audio Intervista: http://electricrnb.podomatic.com/entry/2011-02-03T00_56_54-08_00?x

Intervista pubblicata da Anarkismo.net

(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

venerdì 4 febbraio 2011

PRESIDIO 7 FEBBRAIO 2011 DALLE 19 ALLE 21 A ROMA PIAZZA DEL COLOSSEO CONTRO MORTI SUL LAVORO

Lunedì 7 febbraio ci sarà la prima di tre iniziative, di tre presìdi da fare
a Roma per far crescere la consapevolezza della prevenzione e perchè si
ponga fine a questa strage; ma anche per informare che stiamo costruendo
importanti percorsi unitari con i migranti, al cui interno si registra un
altissimo numero di vittime sul lavoro.
Si invita alla massima divulgazione e partecipazione intanto di questo
testo, poi appena possibile seguirà anche locandina per affissioni.
Solo dal'inizio dell'anno ad oggi più di quaranta vittime sul lavoro, la
strage continua.
ciao, grazie per l'attenzione,
daniela cortese


AVVISO E INVITO ALLA MASSIMA PARTECIPAZIONE. GRAZIE

Presidio sit in 7 FEBBRAIO 2011
SLARGO PIAZZA DEL COLOSSEO ORE 19 – 21
(vicino metro B – fermata Colosseo)

PARTECIPIAMO TUTTI-E PER CONTRASTARE
LE MORTI SUL LAVORO, PER OTTENERE
VERITA’ E GIUSTIZIA SULLA MORTE DI MOHAMMED BANNOUR (operaio tunisino morto
il 22 Dicembre nel cantiere vicino Scienze Politiche Università
La Sapienza di Roma)
INIZIAMO UNA CAMPAGNA PERMANENTE
CONTRO I MORTI SUL LAVORO E…DA LAVORO,
GLI INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO, LE MALATTIE PROFESSIONALI E INVALIDANTI,
I DISASTRI AMBIENTALI E LE LAVORAZIONI NOCIVE E PERICOLOSE, SIA PER CHI
LAVORA SIA PER LA SALUTE DELLA CITTADINANZA.

BASTA STRAGI!
MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO IN NOME DEL PROFITTO A OGNI COSTO

MOBILITIAMOCI TUTTI AI SIT IN DI PROTESTA AUTORGANIZZATI CHE SI SVOLGERANNO
NEI GIORNI 7, 14 E 21 FEBBRAIO 2011 DAVANTI ALLA STAZIONE METRO “B” COLOSSEO
DALLE ORE 19.00 ALLE ORE 21.00 (già comunicati preventivamente alla
Questura)

PERCHE’ SI MUORE ANCORA DI INDIFFERENZA, DI NOCIVITA’ E DI PRECARIETA’.

IMPARIAMO A DIRE “NO” AL RICATTO DEI PADRONI CHE CI FANNO LAVORARE IN
CONDIZIONI DI GRAVE INSICUREZZA, FORTI DELLA DILAGANTE DISOCCUPAZIONE.

LEGGI RAZZISTE E XENOFOBE, INOLTRE, RENDONO ANCOR PIU’ RICATTABILI IMMIGRATI
E IMMIGRATE, COME DIMOSTRA L’ALTA PERCENTUALE DI QUESTI ULTIMI TRA LE
VITTIME DELLO SFRUTTAMENTO.

PER NON LAVORARE DA MORIRE LAVORATORI ITALIANI E STRANIERI LOTTANO INSIEME
PER DIFENDERE I DIRITTI DI TUTTI: LA SICUREZZA SUL LAVORO E LA PREVENZIONE
NON SI CONTRATTANO!

PROMUOVONO L’INIZIATIVA PUBBLICA:
RETE NAZIONALE SICUREZZA SUL LAVORO
COMITATO 5 APRILE DI ROMA
COMITATO IMMIGRATI ITALIA – sezione di Roma
CONTATTI e ADESIONI email: circolotlc@hotmail.com

martedì 1 febbraio 2011

In fiamme il mondo arabo: dialogo con un anarchico siriano

Le grandi rivolte che stanno scuotendo il mondo arabo in Yemen, Algeria, Tunisia ed ora in Egittio hanno colto tutti di sorpresa. Esse sono, senza ombra di dubbio, uno degli eventi più significativi dei nostri tempi nel dire chiaramente che non c’è nessun posto nel mondo che sia predestinato ad essere il cortile dei giochi di qualche dittatore spalleggiato dall’imperialismo. Regimi abnormemente autoritari come quello di Ben Ali si sono ritrovati completamente spogliati del loro potere di fronte ad un popolo unito e determinato alla lotta. Il popolo che porta avanti queste rivolte è fatto di giovani, lavoratori, disoccupati, poveri, che stanno ridisegnando il volto della regione, facendo sudare freddo le combriccole sedute a Washington e Tel Aviv. Tutte le armi immagazzinate dal regime di Mubarak e tutte quelle fornite dall’esercito USA non sono riuscite ad arrestare il montare della protesta. Proteste che stanno mostrando la forza del popolo e della classe lavoratrice quando sono unti, che stanno mostrando la capacità politica della gente normale di costruire organismi di potere duale con un chiaro istinto libertario, provando a tutto il mondo che siamo nel bel mezzo di un cambiamento rivoluzionario. Ne abbiamo parlato con il nostro compagno ed amico siriano Mazen Kamalmaz , redattore del blog anarchico arabo http://www.ahewar.org/m.asp?i=1385 che ci parla dell’importanza di questo splendido sviluppo politico.






1. Sembra che all’improvviso queste massicce ondate di protesta stiamo scuotendo le basi stesse di regimi arabi oppressivi di lunga durata... c’erano state delle avvisaglie di queste proteste?

Questo è uno degli aspetti più interessanti di questa ondata rivoluzionaria che si sta diffondendo nel mondo arabo, tutto è scoppiato quando quasi nessuno se lo aspettava. Solo pochi giorni prima della manifestazione di massa in Egitto, il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, aveva dichiarato che il governo egiziano era stabile, ed ora non c’è più niente di stabile nell’area: le masse sono in rivolta ed ovunque questi regimi oppressivi temono il peggio. Ci sono degli aspetti comuni in questi grandi eventi, che non sono stati colti nè dai regimi, nè dagli statisti e nemmeno dagli intellettuali: innanzitutto la rabbia che era lì nascosta, tenuta sotto silenzio dalla repressione degli Stati, poi le sacche di povertà e di disoccupazione sempre più estese… ma i governi, sia quelli locali che quelli occidentali, ritenevano di poter tener sotto controllo tutta questa rabbia... ora sappiamo quanto fossero in errore.

2. Qual è il significato della fuga di Ben Ali in Tunisia?

E’ solo il primo passo dell’effetto a cascata. Il popolo, il popolo in rivolta, può evitare la repressione e vincere. Tuttavia è molto presto per poter parlare di uno sbocco finale, è ancora tutto molto complesso, ma il popolo ora sa qual è il suo vero potere ed è ancora in strada, per cui la lotta è ancora aperta verso molte possibilità.

3. Dove si può diffondere la rivolta? In quali paesi si possono diffondere le rivolte di massa?

Ora possiamo dire con fiducia che ogni paese potrebbe essere il prossimo. Forse l’Algeria, lo Yemen e la Giordania sono posti esposti alla rivolta, ma dobbiamo avere ben chiaro che una rivoluzione egiziana avrebbe un grande impatto ovunque, ben al di là dei peggiori timori di tutti i dittatori e dei loro alleati.

4. Quali sono le reali implicazioni di una rivoluzione in Egitto, che è il secondo paese del mondo per aiuti militari USA?

L’Egitto è il paese più grande in Medio Oriente ed ha un ruolo strategico di grande importanza. E’ uno dei pilastri principali della politica USA in Medio Oriente. Anche se il vecchio regime dovesse sopravvivere per qualche tempo o anche se il nuovo regime fosse filo-americano, la pressione delle masse non si attenuerà. In sostanza, gli USA, che sono il maggiore alleato dell’attuale regime, avranno seri problemi con la rivolta delle masse egiziane.

5. Quale è stato il ruolo dei Fratelli Musulmani in queste proteste? E qual è stato il ruolo della vecchia guardia delle sinistra?

Una cosa deve essere chiara quando parliamo di queste manifestazioni e di queste rivolte, ed è la loro origine totalmente spontanea e promossa dalle masse. E’ vero che diversi partiti politici vi hanno aderito in seguito, ma l’intera lotta è stata una grandissima manifestazione dell’azione autonoma delle masse. E questo vale anche per i gruppi politici islamisti. Forse questi gruppi pensano ora che nuove elezioni possono farli andare al potere, ma con le masse nelle strade appare difficile, penso che le masse si rifiuterebbero nuovamente di sottomettersi ad un altro regime oppressivo, ma anche se questo dovesse accadere, questa volta il popolo non accetterebbe più di essere sottomesso, tanto è fresco il ricordo euforico del picco di libertà che è stato conquistato con le lotte. Nessun potere potrebbe facilmente piegare il popolo ad un altro qualsiasi regime oppressivo.

Un’altra cosa occorre tener presente e cioè che con queste rivoluzioni il popolo sarà più aperto alle idee libertarie ed anarchiche, e sarà la libertà l’idea egemone del futuro e non l’autoritarismo. Alcuni gruppi stalinisti rappresentano ancora il volto peggiore del socialismo autoritario… per esempio, l’ex-Partito Comunista Tunisino ha fatto parte insieme al partito maggioritario di Ben Ali ad un governo formato dopo il rovesciamento di Ben Alì stesso! Un altro gruppo autoritario, il Partito Comunista dei Lavoratori Tunisino ha partecipato attivamente alle manifestazioni, ma dimostrando ben presto le sue contraddizioni: nel momento della fuga di Ben Alì aveva lanciato la parola d’ordine di costituire consigli o comitati locali per difendere la rivolta, ma poi ha fatto rapidamente marcia indietro per chiedere una nuova assemblea nazionale ed un nuovo governo nazionale. In Egitto sta accadendo quasi la stessa cosa, ci sono gruppi della sinistra riformista, come il Partito Unionista Progressista ed alcuni gruppi della sinistra rivoluzionaria.

Non sono in grado di poter dire qual è il ruolo degli anarchici e di altri libertari –c’è senz’altro una crescente tendenza consiliarista comunista oltre a quella nostra anarchica - ci sono lacune nella comunicazioni con i nostri compagni lì, ma torno a sottolineare che queste rivoluzioni sono principalmente opera delle masse stesse. In Tunisia, i forti sindacati locali hanno svolto un grande ruolo nelle recenti fasi della rivolta.

Rispetto ai comitati locali costituiti dalle masse occorre spendere qualche parola di più: si tratta delle più interessanti realizzazioni delle masse nella loro azione rivoluzionaria. Di fronte ai saccheggi messi in atto in gran parte dalla ex-polizia segreta, il popolo ha formato questi comitati quali reali istituzioni democratiche, una vera alternativa in competizione con il potere della élite al governo e con le istituzioni autoritarie... in Egitto ci sono ora due governi: i comitati locali ed il governo Mubarak che si nasconde dietro i carri armati e i fucili dei soldati. E questo sta accadendo in una regione abituata alle dittature ed all’autoritarismo… questa è la grande realtà di queste rivoluzioni, che stanno trasformando questo mondo a grande velocità. Questo non significa che la lotta è stata vinta; al contrario, questo significa che la vera lotta è solo agli inizi.

6. Infine, come vedi gli eventi attuali? Qual è il loro valore simbolico?

Questo è l’inizio di una nuova era, le masse alzano la testa, la libertà è a portata di mano, le tirannie sono scosse dalle fondamenta, è certamente l’inizio di un nuovo mondo.

.



(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)