domenica 12 settembre 2010

Amate da morire.

La proprieta’ che uccide dei nuovi mostri.



Non solo nei paesi “arretrati” dove sostenuti da stati e religioni le “femmine” sono tranquillamente lapidate, torturate, uccise, ma anche nella “societa’ civile” occidentale, dopo decenni di “emancipazione e parita’”si aggirano gli “amanti” assassini che sempre piu’ spesso fanno sparare le proprie rivoltelle e volare i prori pugnali sui corpi delle “proprie” donne.

I nuovi mostri, atterriti dal cambiamento in atto, incapaci anche solo di comprendere le variazioni di forma e sostanza dei rapporti umani e dei loro involucri giuridico-legali, ammazzano sempre piu’ spesso, per ristabilire la loro “normalita’”, le loro certezze, le loro “sicurezze” abitudinarie.

Il luogo del delitto e’ la famiglia, o quello che ne resta, o il “desiderio” di rimetterne in piedi le macerie.

Il terremoto che ha investito i rapporti umani nell’ultimo ventennio ( e che ha relegato l’istituto famiglia tra le anticaglie della storia ) ha poco a che vedere con le passate ( e lontane! ) aspirazioni di liberazione sociale e sessuale, di distruzione del patriarcato e della famiglia, dei ruoli, dell’oppressione religiosa.

L’odierna evoluzione disordinata nei rapporti interpersonali ha molto a che vedere, invece, con un percorso di sistema tanto obbligato quanto ( tele ) guidato che, sfarinando l’istituto famiglia, rendendo improponibile l’epicentro economico della famiglia-fazenda, “libera” la donna dal giogo della dipendenza materiale immettendola, a prorio uso e consumo, nel ciclo produttivo, coprendo l’operazione con le ideologie delle “pari opportunita” e delle “quote rosa”.

Insomma, l’incompatibilita’ della liberazione viene progressivamente risucchiata nella compatibilita’ dell’emancipazionismo lavorista, costringendo la donna a ricoprire ruoli maschili, ed a dimostrare continuamente di esserne all’altezza, magari peggiorandoli.

Lo svuotamento della famiglia non e’ stato il frutto di una rivoluzione sociale ( o di genere ) ma il risultato del movimento reale capitalistico che, semplicemente, ritenendola ormai superflua ed inservibile, non la usa piu’, lasciando alla religione il ruolo di trombone sfiatato di qualcosa che non c’e’ piu, e che non tornera’.

E se la famiglia tendenzialmente non c’e’ piu’, non si intravede nemmeno lontanamente qualcosa d’altro, di diverso, che attraversando le vite di donne e uomini, le metta in una qualche comunicazione.

Della “vecchia” contrapposizione famiglia-comune nessuno parla piu’, cosi’ come della distinzione tra liberazione ed emancipazione, cosi’ come dell’autogestione della propria vita e dei propri corpi.

Non puo’ essere solo dimenticanza, o pigrizia.

E’ che quell’anelito di vera liberta’di corpo e spirito, quella spinta verso nuove donne, nuovi uomini, nuovi rapporti, e’ stata recuperata dentro il recinto del possibile, cioe’ del compatibile, dell’utilizzabile dal sistema.

L’uomo e’ rimasto vecchio diventando mostro, ma anche la donna e’ rimasta vecchia diventando “moderna”, ed i rapporti, semplicemente, non esistono piu’, o sono pantomima, o peggio.

Di certo, le altrettanto datate certezze di un tempo sulla “rivoluzione unica liberazione” non bastano piu’, come molte altre ricettine precotte.

Anche qui, i fatti hanno la testa dura, e le formulette non funzionano.

Meglio sarebbe ri-cominciare a capirli, i fatti, per quello che sono e per come si esprimono.





COMBAT

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