domenica 24 luglio 2011

Genova: Dieci anni dopo



Genova: Dieci anni dopo


Sono passati 10 anni. Già all'indomani di quei tragici giorni di luglio del 2001, insieme ai genitori di Carlo avevamo chiesto verità e giustizia per quel corpo disteso sull'asfalto di piazza Alimonda, per quella giovane vita spezzata da due colpi di pistola sparati da quelli che dovrebbero essere i tutori dell'"ordine". Verità e giustizia avevamo anche chiesto per le centinaia di donne e di uomini che in quei giorni furono malmenati, massacrati, umiliati da quelli che dovrebbero essere i tutori dell'ordine.

Sono passati 10 anni ma di verità ne sappiamo poca e quasi esclusivamente per merito della controinformazione, mentre di giustizia non ne abbiamo avuta neanche un po'.

Amareggia ma non stupisce che, nel Paese noto in tutto il mondo per le sue stragi impunite, funzionari di Stato riconosciuti colpevoli di azioni aberranti nei confronti di cittadini inermi non ne rispondano ma continuino a vestire una divisa ed anzi, in molti casi, abbiano ottenuto promozioni; suscita indignazione ma non stupisce, in questo sfortunato Paese, che un omicidio consumato su una pubblica piazza da appartenenti alle forze dell'ordine possa essere archiviato senza processo. E sorprende forse qualcuno il fatto che chi in quei giorni assunse nell'ombra una sorta di direzione politica delle forze dell'ordine, sieda ancora in parlamento? Che ricopra una delle più alte cariche dello Stato? che possa addirittura essere considerato un interlocutore credibile anche da una certa "sinistra"?

D'altra parte questo è il Paese in cui, di finanziaria in finanziaria, si ruba ai poveri per dare ai ricchi, il Paese in cui morire sul lavoro non fa più notizia, in cui si può essere precari a vita e pubblicamente sbeffeggiati da un ministro della Repubblica, in cui cercare una vita migliore da straniero significa commettere un reato ed essere espulso (quando non cannoneggiato in mare), in cui i beni comuni (cioè appartenenti a tutti i cittadini) vengono svenduti o regalati al Capitale. Un Paese che, nella sua classe politica, ha fatto propria l'ideologia liberista innervandola di pulsioni razziste e xenofobe.

L'Italia che ospitò il G8 a Genova, 10 anni fa, non era tanto diversa da quella odierna né da quella del passato. Di fronte a decine di migliaia di persone provenienti da tutta la terra per dimostrare che un altro mondo era possibile, per discutere sulle piazze tematiche, per urlare il proprio dissenso verso le politiche economiche liberiste, lo Stato seppe solo e come sempre mettere blindati, provocazioni, repressione. Con l'aggiunta, per l'occasione, di reticolati e zona rossa. Per ridurre le rivendicazioni di quel movimento esteso e composito, intelligente e determinato, ad una questione di ordine pubblico.

Eppure quel movimento mondiale e visionario che a Genova, nel 2001, morì con Carlo, lasciò un testamento sociale e politico. Che nel tempo è stato ripreso da chi si batte contro lo scempio del territorio, contro le privatizzazioni dei beni comuni, per il diritto delle persone di circolare liberamente, contro le guerre e le spese militari, contro razzismo e xenofobia, per la dignità e la sicurezza sul lavoro, per il lavoro e contro la precarietà, per il riscatto dei tanti sud del mondo.

Noi comunisti anarchici, noi libertari, eravamo presenti a Genova nel 2001 come siamo stati sempre presenti ovunque si sia trattato di difendere e far progredire l'umanità contro la barbarie. Siamo presenti oggi e lo saremo domani nelle lotte sociali, politiche e sindacali con i nostri ideali, i nostri contenuti e le nostre proposte.

"Portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori"

Federazione dei Comunisti Anarchici

21 luglio 2011

sabato 9 luglio 2011

Val di Susa con il sangue agli occhi

Filo spinato, blindati, cellulari, perimetri escludenti, recinzioni, truppe di indifferenza: questo è lo “stato della repressione” che abbiamo visto in Val di Susa.

Disciplinati ordinano: c'è la crisi, devi pagarla; c'è lo sviluppo, devi inginocchiarti e se serve, devi anche perirne.

Nei giorni successivi allo sgombero della Maddelena del 27 giugno e della guerriglia seguente,

è complicato trovare le parole adatte per far conoscere la violenta aggressione che ha subito il movimento No Tav domenica 3 luglio,

per mano dell'esercito, di carabinieri, finanzieri e poliziotti.

Sentimenti di rabbia e preoccupazione si mischiano al pensiero della propria vita messa in gioco e ai compagni feriti e arrestati,

poco dopo aver subito atroci percosse e lanci di lacrimogeni, sparati ad altezza uomo.

Noi che eravamo presenti abbiamo il diritto di rendere pubblica la strategia di guerra messa in atto dal Potere,

per reprimere le forze sociali che vogliono riappropriarsi del proprio futuro.

Tutti apparteniamo a questa terra! Reclamiamo diritti e libertà! Ci siamo uniti al desiderio di decidere come vivere in comune e con quale ambiente circostante,

muovendoci nella valle alla ricerca, non del ghiaccio dello stato difeso dai servi in divisa,

ma nel fuoco della rivolta per accedere a quel senso comune libero ed uguale che tutto il movimento ha sprigionato in questa insorgente giornata di lotta.

La risposta è stata intrisa di lacrimogeni sparati ad altezza uomo, proiettili di gomma, lancio di ghiaccio da 30 metri di altezza sopra i manifestanti,

di cui tanti hanno sfiorato le nostre teste, tante hanno colpito in pancia, in viso e sulle gambe.

Le botte e i calci sui corpi dei feriti a terra dopo cariche non di contenimento, ma in stile mattanza cilena, sui quali hanno pisciato e minacciato di morte.

Ha ragione il ministro che dice di difende il popolo della Valle (???) Maroni, insieme a tutto il PD compatto alla ricerca del profitto facile:

ci sono stati tanti tentati omicidi domenica 3 luglio... Si,da parte delle forze dell'ordine.

Noi, valsusini e solidali, i comunardi della Valle, volevamo e fortissimamente vogliamo buttare giù le reti,

tutti i muri e quei dannati plotoni da omicidio chiamati sbirri in tenuta antisommossa.

Con il “sangue agli occhi” ci abbiamo provato ed abbiamo espugnato un parte di presidio

sorvegliato dal Potere che vuole sottomettere soggettività ribelli che non ci stanno a farsi rubare i propri sogni.

Saremo sempre contro il saccheggio dei beni comuni

e la decapitazione della volontà di ribellarsi ad una decisione presa sulle teste della popolazione valsusina.

Questa Terra è la terra di tutti!

Come diceva un cartello alle barricate per arrivare alla Maddalena, la paura non abita più qui. In nessuno!

Violento è chi arma i manganelli e spara su esseri umani lacrimogeni CS scaduti che provocano intossicazione e probabili malattie congenite future.

Libertà per la Val di Susa, libertà per tutte e tutti. Subito!

Sempre nella lotta – CSA Kavarna, Cremona

sabato 2 luglio 2011

NO TAV! E BENI COLLETTIVI

Ormai abituati alle missioni di pace, l’esercito italiano occupa la Val di Susa per proteggere i cantieri della TAV. In fondo anche questo è portare il progresso e la democrazia. Come quando negli anni venti si costruivano le strade e i ponti in Eritrea a colpi di iprite. E come nelle missioni di pace con cui portiamo la democrazia in giro per il mondo gli effetti collaterali sono da mettere nel conto. Così abbiamo la prima vittima civile di questa guerra interna non dichiarata, travolta a 65 anni da un blindato che “faceva manovra”. La prima vittima civile, se non ci ricordassimo di Sole e Baleno. .

Una guerra civile non dichiarata non è altro che questo, l’esercito mosso a sedare una rivolta pacifica e coerente che nasce nel 1991 (si, venti anni fa) e a occupare militarmente zone ribelli.

La lotta dei valsusini contro la costruzione della linea TAV non è solo la lotta di una comunità locale contro la rovina del proprio territorio: è anche questo ma è anche qualcosa di molto più importante.

La lotta noTAV è un’opposizione globale che travalica il territorio della Valle di Susa, in quanto riproduce non solo la contrarietà locale all’occupazione devastante e socialmente inutile del territorio da parte dell’industrialismo capitalista, ma è capace di delinearla come opposizione al mito dello sviluppo infinito, bandiera bipartisan sia del liberismo che del Capitalismo di Stato.

Mito la cui adorazione senza riserve porta con se il sacrificio incondizionato delle nostre vite, del nostro lavoro, della qualità della nostra vita, sul sacro altare del profitto. Modello di sviluppo tanto caro non solo alla destra ma anche a quella sinistra istituzionale che, con la scusa del benessere, oltre a garantire il completo asservimento e sfruttamento economico della gran parte della popolazione, ha consegnato il territorio e l’ambiente nelle mani rapaci e distruttive del Capitale.

E per quanto la propaganda di regime cerchi di spacciare da decenni la TAV come fondamentale, facendo adesso appello ai 600 milioni di finanziamento europeo persi in caso di mancata apertura dei cantieri, e continuando a millantare le enormi prospettive economiche, come i nuovi posti di lavoro che si creerebbero in valle, sappiamo che i circa 12 miliardi di soldi pubblici che occorreranno a completare l’opera serviranno esclusivamente a dirottare i soldi dei lavoratori e delle lavoratrici italiane, i principali contribuenti fiscali, nelle tasche dei grandi imprenditori privati e dei burocrati statali loro amici.

Potremmo ripetere ancora fino allo sfinimento, anche rimanendo nell’ambito del puro ragionamento economico di sviluppo infrastrutturale, quello che da anni gli abitanti della Val di Susa sanno e ripetono: che esiste già una linea ferroviaria che è sottoutilizzata, sia per quanto riguarda il trasporto delle merci che delle persone, che in buona parte dell’Italia esistono delle linee in pessimo stato, che avrebbero bisogno, loro si, di essere rimodernate, e che le centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici pendolari che viaggiano tutti i giorni in treno per far arricchire i soliti pochi, sono costretti a spostarsi in condizioni di assoluto disagio. Ci si potrebbe chiedere, come si fa da anni, perché non spendere, molto più oculatamente, i miliardi di risorse pubbliche in opere di ammodernamento delle attuali linee ferroviarie, col conseguente miglioramento delle condizioni di viaggio dei lavoratori e delle lavoratrici pendolari, progetto questo si ambizioso e che creerebbe nuovi posti di lavoro, keynesiamente più intelligente, soprattutto ora che per siamo in un’era di contrazione dei consumi e della produzione di merci.

Sappiamo tutti che invece l’opera va iniziata per arricchire la solita casta industriale italiana, col beneplacito e l’appoggio, ovviamente interessato, dell’apparato legislativo ed esecutivo dello Stato e con la scontata violenza delle forze di repressione, naturali diramazioni dell’oligarchia dei poteri economico e politico.

Ma non siamo disposti ad accettare la violenza che per l’ennesima volta si è riversata sull’autodeterminazione della comunità locale della Val di Susa, violenza che, oltre a garantire con la forza l’occupazione della valle da parte della piovra capitale-stato, ha anche lo scopo di cancellare l’elemento politico per loro più pericoloso che nasce e che permea la lotta delle comunità locali degli sfruttati, e cioè l’autogestione delle scelte sulle proprie vite, a partire dalla gestione ambientalmente e socialmente sostenibile dei territori, che si lega alla grande battaglia per la gestione dei beni comuni e delle risorse collettive, nell’ambito della più generale lotta verso una società egualitaria, libera e solidale.

L’occupazione militare in Val di Susa testimonia la debolezza di uno Stato costretto a ricorrere alla forza per dimostrare il proprio controllo sul territorio, sbugiardato di fronte alla comunità internazionale nelle proprie politiche di pianificazione e di concertazione.

Una prova di forza e una vittoria di facciata, la dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che il Capitale e lo Stato sono subito pronti a gettare la maschera della democrazia quando si attenta alla loro possibilità di gestione delle risorse territoriali. Pena la loro liquidazione.

La lotta della Val di Susa dimostra questo, e per questo la lotta contro la devastazione della TAV è la lotta di tutti/e.

Luglio 2011

Federazione dei Comunisti Anarchici

www.fdca.it