venerdì 26 giugno 2009

IRAN: una tragedia iniziata 30 anni fa

Con il bagno di sangue crolla in Iran il mito della repubblica islamica del popolo.

Il bagno di sangue con il quale i dirigenti della repubblica islamica stanno schiacciando la pacifica opposizione del popolo mette fine ad ogni pretesa alterità degli Stati di ispirazione islamica rispetto agli Stati cosiddetti “laici” dell’Occidente: quando le classi al potere, siano esse borghesie laiche o religiose, vengono chiamate dal popolo a rispondere in piazza del loro potere, degli abusi, dei privilegi, delle limitazioni della libertà che esse impongono alle opposizioni, allora inizia la repressione più feroce, si spara sulla gente, si lanciano le bestie dei corpi di sicurezza all’assalto per l’annientamento fisico dei manifestanti, siano essi lavoratori, donne, studenti.

Trent’anni fa non eravamo, noi anarchici, tra coloro che a sinistra salutavano la rivoluzione clericale khomeinista, purchè anti-imperialista e contro lo scià. Sapevamo che stava per iniziare una tragedia immane per il popolo iraniano, da cui non si sarebbe liberato così facilmente. E’ stata negli anni distrutta ogni componente organizzata laica e di sinistra, messa a tacere ogni autonomia sindacale, militarizzata la zona meridionale dei pozzi petroliferi, avviata una politica di posizionamento come potenza emergente a carattere regionale e come stato islamico guida, cogliendo favorevolmente le opportunità concesse dalle due guerre in Irak, dalla guerra in Afghanistan, dalle guerre israeliane in Libano ed in Palestina, dall’emergere della potenza economica cinese.

Una èlite clericale e autoritaria, corrotta e sfruttatrice governa un paese in cui il tasso di disoccupazione è tra il 25-35%, in cui si distribuiscono bonus da 50 a 600 euro a chi appoggiava il presidente Ahmadinejad, in cui costui ha permesso alle banche di stampare carte di credito che hanno indebitato gli iraniani, in cui sono 3-5 milioni di persone che compongono la feroce milizia basiji, in cui il petrolio non crea ricchezza per il paese né dà energia, in cui si sopravvive con i sussidi per il pane e i trasporti.

Questa èlite è oggi attraversata da scontri interni che le elezioni presidenziali hanno svelato nella loro durezza. A pagare però sono le migliaia di manifestanti le cui richieste ci appaiono minime, ma sono insopportabili per il potere iraniano se portate con l’azione diretta e dal basso, senza attendere la benevola concessione dall’alto: si chiede di tollerare la libertà di espressione, di non censurare o chiudere i giornali dell’opposizione, di non applicare la pena di morte sui minori, di dare maggiori opportunità di lavoro alle donne nel pubblico impiego, di non incarcerare gli studenti radicali, di dare più tutele alle donne nelle cause di divorzio.

La leadership teocratica guidata dai mullah è favorevole all’ingresso nella OMC, alle privatizzazioni, alle politiche neoliberiste, dispone di una enorme massa di manodopera a basso costo per la penetrazione di capitali cinesi e delle joint-ventures sui corridoi di gas e petrolio che vanno verso est e verso ovest. Gli USA e l’UE lo sanno ed hanno qualche difficoltà ad indignarsi più di tanto.

La solidarietà internazionale è resa difficile dall’isolamento dell’Iran, dai distinguo e dalle esitazioni che si fanno in Occidente, dalle ambiguità del mondo arabo verso l’Iran. Eppure se ci lasciamo intrappolare dalle sottili distinzioni tra “riformisti” alla Mousavi e i “moderati” del clero, dalla saggezza dei mullah di Qom rispetto alla rozzezza di Khamenei, dalla propaganda anti-occidentale ed anti-semita di Ahmadinejad, rischiamo di non vedere quel movimento che sta sfidando il potere dello Stato e che paga con i morti il suo solo osare di chiedere più libertà, più giustizia, più futuro, più vita.

Anche in Iran c’è una borghesia capitalista e sfruttatrice al potere, anche in Iran c’è un clero oscurantista e libertidica, anche in Iran c’è uno Stato violento e repressivo, anche in Iran c’è un popolo che viene oppresso e schiacciato.

E allora “intifada” contro la teocrazia di Tehran, resistenza popolare contro gli oppressori e gli assassini. La rivolta iraniana è una rivolta per una speranza di libertà e di giustizia sociale. Ha bisogno di tutta la solidarietà internazionale laica, antistatalista, antiautoritaria

Federazione dei Comunisti Anarchici
giugno 2009

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu