Non si sente ripetere altro, dal governo, dai media e dai politici (tutti o quasi) e, molto spesso per riflesso, dalla gente comune.
Generalmente, nel bene e nel male, non è il caso di esprimersi in termini così definitivi, una regola aurea dalla quale non ci si dovrebbe astenere soprattutto in relazione ad una situazione complessa e ricca di sfumature e contraddizioni come quella aquilana, tuttavia, se in vista di una sintesi una forzatura va fatta, questa non ricalca certo i toni entusiastici e a tratti surreali utilizzati dai suddetti soggetti.
Ma andiamo con ordine.
Nella puntata di Matrix del 23/12 Bertolaso ha dichiarato pubblicamente che la ricostruzione delle case degli Aquilani non è affare che riguarda la Protezione Civile e che bensì quella fase sarà gestita dagli enti locali. Ora se da un lato la buona notizia è che finalmente la Protezione civile rinuncia a far qualcosa dopo mesi di strapotere assoluto, dall’altro la parvenza di un “ritorno alla democrazia” e di (ri)legittimazione degli enti locali nasconde tutta una serie di aspetti.
1 – Innanzitutto, implicitamente (ma neanche troppo) si ammette che in sostanza i lavori relativi alla “ricostruzione vera” non sono mai iniziati realmente, e del resto basta guardare all’enorme quantità di macerie e detriti (stimabile in milioni di metri cubi) che a distanza di quasi 9 mesi si trovano ancora nel centro storico di L’Aquila.
2 – Dopo mesi passati all’insegna di una strisciante mistificazione secondo la quale C.A.S.E e M.A.P sarebbero bastate per tutti gli sfollati, davanti allo spettro del fallimento nella migliore tradizione italiana si scarica l’onere al livello sottostante, in questo caso appunto dalla Protezione civile agli enti locali.
3 – Dopo gli innumerevoli spot mediatici seguiti alla consegna delle C.A.S.E e una volta convinta l’opinione pubblica, complice un’informazionea dir poco parziale, che a L’Aquila di più non si può fare o che addirittura tutto appunto è già stato fatto, si annuncia la ritirata strategica (dicembre o gennaio poco cambia) di chi non avrebbe mai potuto onorare le tante promesse fatte, con buona pace dei tanti ancora in situazioni di fortissimo disagio.
Attualmente, dai dati della Protezione civile emerge che al 23/12, cioè a 261 giorni dal terremoto:
- Meno di 13.000 persone risultano alloggiate tra C.A.S.E. e M.A.P, le due soluzioni abitative temporanee previste dalla Protezione civile.
- Altre 17.500 persone circa sono ancora alloggiate in albergo, nella stragrande maggioranza dei casi lontano dalla città di L’Aquila.
- Va poi considerato, alla luce delle diversissime situazioni presenti sul territorio, un’estrema difficoltà nel calcolo di tutti quelli che si sono allontanati dall’area terremotata, che hanno riparato presso parenti e amici o che sono rientrati abusivamente nelle proprie abitazioni sfuggendo al conteggio ufficiale, una cifra nell’ordine delle migliaia ma sulla quale è davvero difficile pronunciarsi in modo certo e definitivo (per una stima).
In ogni caso, dalle prime promesse che assicuravano una casa per tutti dal 15 settembre alla fine di novembre, si è passati via via ai mesi successivi fino all’attuale promessa di case consegnate entro il febbraio 2010, almeno per quanto riguarda la C.A.S.E., ossia le costruzioni durature (da 2700 euro al mq, più del doppio di quanto previsto dalla normativa edilizia antisismica) che andrebbero a formare lo scheletro delle cosidette new town. Per quanto riguarda i M.A.P. invece si parla addirittura di Aprile e oltre, tanto che lo stesso Bertolaso si è lamentato della “figuraccia” che a suo parere le ditte costruttrici gli stanno procurando.
Ma la figura peggiore la Protezione civile la fa proprio sulla questione dei subappalti per le C.A.S.E.totalmente fuori controllo, dove a seguito dell’arresto di un latitante all’interno di uno stabilimento di un’azienda locale una serie di controlli hanno portato alla scoperta di ben 132 ditte non in regola. Tuttavia, dinanzi al rischio politicamente inaccettabile di dover fermare gran parte dei lavori, la Protezione civile ha introdotto un’ordinanza (3820 del 12/11) per cui “Le autorizzazioni rilasciate dal dipartimento della Protezione civile per il subappalto dei lavori relativi alle strutture abitative e scolastiche realizzate o in corso di realizzazione, hanno efficacia dalla data di presentazione delle relative domande”. In questo modo tutto il pregresso è stato “de facto” regolarizzato, in un contesto che in parte già derogava alla normale disciplina sugli appalti. Chapeau.
In tutto ciò è da valutare l’enorme impatto economico di questa gestione post-sismica: le risorse assorbite dall’apparato della Protezione civile (il bilancio completo si avrà presumibilmente nei prossimi mesi), le spese, assai poco chiare peraltro, per il piano C.A.S.E. (altro interessantearticolo), il generosissimo canone pagato agli alberghi per ogni singolo sfollato ospitato (50 euro al giorno in media), le spese relative al mantenimento delle tendopoli (smantellate definitivamente solo in dicembre a 8 mesi dal sisma), e altre varie “spese accessorie”.
Tutte risorse che in tempi di vacche magre sono automaticamente sottratte a quelle (ma quali?) disponibili per la ricostruzione (quella vera) o se non altro per piani di intervento più inclusivi e meno impattanti per il territorio.
Ancora è di qualche giorno fa la notizia che, salvo colpi di scena dell’ultim’ora, la tanto sbandierata proroga della sospensione delle tasse per i terremotati riguarderà solo una fetta (peraltro minima) della popolazione, principalmente lavoratori autonomi e aziende con un reddito inferiore ai 200.000 euro, tagliando fuori tutti gli altri, cassintegrati compresi, che da gennaio riprenderanno a pagare regolarmente le tasse restituendo inoltre (in 60 rate) il 100% degli arretrati, il tutto in un territorio fortemente compromesso dal punto di vista delle attività produttive e del lavoro (quasi 20000 tra cassintegrati, licenziati e lavoratori in mobilità).
Se i numeri sin qui risultano giustamente inquietanti, ancor più grave, ancorchè difficilmente quantificabile, è il danno qualitativo, in termini sociali e identitari, prodotto dai processi in atto. Non si può in questa sede non rilevare ancora una volta la scelleratezza di un modello di ricostruzione periferico estremamente dispersivo che con i suoi fabbricati in larga parte permanenti sta impattando in modo irreversibile il territorio Aquilano, non riuscendo peraltro a garantire una sistemazione provvisoria a tutti gli sfollati come già ampiamente denunciato da tutti i comitati cittadini in tempi non sospetti.
Va ricordato inoltre che lo stesso sindaco di L’Aquila Massimo Cialente ha ammesso pubblicamente a più riprese di non aver partecipato al processo di individuazione delle aree (successivamente espropriate) in cui costruire le C.A.S.E. e di essere stato messo al corrente solo a cose fatte delle scelte già prese dalla Protezione civile (su questo aspetto si vedano le domande di site.it).
Evitiamo infine di soffermarci su tutta una serie di problematiche: infiltrazioni d’acqua, tubature congelate, coperture e tetti volanti, riscontrati nei nuovi fabbricati a Roio, Coppito, Cese di Preturo, Sant’Elia e persino nel tanto celebrato conservatorio di L’Aquila, appena inaugurato in pompa magna sui media nazionali.
Sempre sul versante dell’informazione, accanto all’ormai consolidata asimmetria per cui da un lato si innalzano toni trionfalistici a sostegno di ogni singolo proclama lanciato dal governo e dall’altro si tace su qualunque aspetto critico, assistiamo ultimamente a taluni moti del tutto gratuiti oltre che sfrontati (un esempio).
E tutto mentre il centro di L’Aquila, dato praticamente per risorto, continua in larga parte a marcire, in un panorama surreale nel quale l’unica presenza di casa è quella dei militari che da nove mesi ormai fanno la guardia a quartieri fantasma.
Eppure anche domani si dirà che a L’Aquila va tutto bene.
Epicentro Solidale
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martedì 29 dicembre 2009
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