venerdì 17 dicembre 2010

Lettera a Roberto Saviano

da Femminismo a Sud

Lettera a Roberto Saviano

La popolarità t’ha fatto proprio male perché oggi mi rendo conto che il mondo
della cultura ha perso Monicelli e ci sei rimasto tu.

Mi dispiace dei tuoi guai e ti capisco, perfino, ogni volta che punti lo
sguardo in alto per cercare un contatto con il mondo che in questo momento ti è
impedito.

Ti sei scelto una lotta dignitosa, l’ho fatta anch’io contro la mafia, la
fanno in tanti tutti i giorni, solo che tu ora hai qualcuno che ti fa da scudo
mentre altri non hanno che un sanpietrino per difendersi.

Perché i nemici sono pericolosi sempre. La lotta contro i poteri fiacca le
giornate, la vita, talvolta, si lo ammetto, anche la fantasia. Ma qui c’è gente
che non sta a sentire neppure quelli che sono stati eletti ad icona come te.

Non hai il diritto di insultare chi combatte e bisogna che qualcuno ti dica
che dalla consapevolezza di una lotta giusta sei passato ad un delirio di
onnipotenza un po’ antipatico. Dovresti dare un limite numerico – che so: tre
all’anno? – ai i tuoi sermoni dall’alto della tua posizione privilegiata di
stipendiato Endemol e Mondadori.

Quanti anni hai? 28? 30? E quanti anni avevi quando hai cominciato a vedere il
mondo attraverso il filtro della tua scorta? 26? Troppo pochi per capire e te
lo dice una che a quarant’anni ancora ha tanto da imparare.

Ti dico io una cosa che qualcuno avrebbe dovuto dirti molto tempo fa. Ti
stanno usando. Sei funzionale al potere. Nella tua maniera di difendere lo
“Stato” tirando fuori parole degne della peggiore retorica, tutto schierato con
la magistratura e con la polizia, sempre calato nel ruolo della vittima dei
poteri forti e primo a lanciare sassi contro chi alla vista di quegli stessi
poteri alza la testa.

Li conosco quelli come te, borghesi intellettuali che non hanno mai fatto
nulla di particolarmente trasgressivo e che improvvisamente si vedono ricucito
addosso un abito ribelle che non gli appartiene.

Vedi com’è? Che ti torna subito la tentazione di parlare con la voce di chi
tiene tutto in ordine, il tormentone dell’autorità che bisogna rispettare,
perché falcone, perché borsellino, perché bla bla bla.

L’hai mai frequentata una piazza? Lo sai perché i ragazzi portano i caschi?
Hai presente una testa spaccata da un colpo di manganello come fosse un
cocomero? Lo sai che quando le manganellate partono prendono chiunque? Te
incluso se fossi nei paraggi e senza scorta.

Troppo comodo parlare dalla tua posizione. Troppo comodo immaginare di non
poter essere contraddetto perché ti hanno eletto santo.

E sai che c’è? Che quello che hai scritto tu, girato su Repubblica dalla tua
agenzia letteraria, con tanto di bollino Siae, è solo il lamento griffato di un
ragazzo che in un colpo solo tradisce la lotta della sua gente, quella delle
famiglie che resistono all’immondizia, delle vecchie e nuove generazioni che
lottano per non diventare manodopera della camorra. Un ragazzo che a parole
dice di sapere cosa avviene quando i “poteri” ti criminalizzano, usano la
macchina del fango, ti isolano per farti fuori. Nella pratica invece tutte
queste cose sembrano sfuggirti.

Tu davvero non conosci la storia, figuriamoci l’anarchia. E ti presti al gioco
di chi mette al bando un Pinelli al giorno per nascondere i crimini efferati
compiuti da stragisti fascisti collusi con quello Stato del quale tu parli a
senso unico.

Te lo dico da donna meridionale: se non hai assaggiato la precarietà, se le
tue prospettive di futuro sono migliorate, lascia stare. La vita di quelli che
invece di una scorta hanno al seguito i creditori è cosa ben diversa.

La tua lettera è proprio brutta perché da un santo come te mi sarei aspettata
una epistola diretta ai parlamentari finiani e dell’idv che hanno votato la
fiducia al governo. Avresti potuto usare mille parole. Avresti potuto dirigere
meglio la tua indignazione. Avresti potuto perfino raccontare le tantissime
persone in piazza senza stare su un piedistallo. Immaginando di essere uno di
loro, uno come tanti, semplicemente uno che sceglie un altro modo per lottare,
rispettabile ma non per questo preferibile per tutti. Avresti potuto dire che
quanto era successo non ti è piaciuto senza usare supponenza, senza immaginare
di essere superiore a quelli che conducono lotte in modo diverso dal tuo.

Non credo ci sia molto altro da dire: i ragazzi del movimento fanno movimento.
Si confrontano. Hanno sicuramente punti di vista differenti. Se lo diranno. Ce
lo diranno. Ma tu…tu sei semplicemente un’altra cosa.

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la lettera a cui si fa riferimento si può trovare al link:

http://www.robertosaviano.it/articoli/lettera-ai-ragazzi-del-movimento/

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