Fabbrica Italia, produce schiavi.
L’accordo di Natale a Mirafiori va letto e riletto con attenzione. Un documento in
cui la schiavitù moderna è formalizzata con tanto di allegati e rimandi tecnici a
sistemi internazionali di organizzazione del lavoro. L’industria moderna và in questa
direzione. Torna indietro ed esprime in forma nuova il suo contenuto antico: operai
se volete sopravvivere lo potete fare solo vendendo a noi padroni la vostra forza
lavoro e noi siamo disposti a comprarla alle nostre condizioni, altrimenti?
Altrimenti morite di fame. Dopo gli operai di Pomigliano tocca quelli di Mirafiori
scegliere con un referendum, ma come andrà a finire è ancora da vedere. Andiamo con
ordine.
Il ricatto è espressamente scritto nella premessa. Mirafiori svilupperà nuove
produzioni a condizione che diventino “operative e praticabili” le norme contenute
nell’accordo e ciò sarà possibile solo se la maggioranza dei lavoratori le approverà.
Come è democratico Marchionne, o le approvate o è chiaro che rimarrete in mezzo ad
una strada. Bisogna assolutamente chiedersi come è possibile che si eserciti un
ricatto così primitivo, così assoluto, che incide sul livello di esistenza di
migliaia di persone senza che susciti nessuna reazione, nessun grido allo scandalo,
nemmeno dei campioni della democrazia. Tante volte ci siamo chiesti come la
democrazia ateniese potesse dirsi tale pur poggiandosi su una base di schiavitù, la
modernità ci ha fornito gli strumenti per capirlo. Le classi superiori possono
democraticamente mediare i loro interessi politici ed economici alla sola condizione
che qualcuno, da qualche parte, venga costretto al lavoro industriale forzato. In fin
dei conti Marchionne dallo sfruttamento dei suoi operai estrae un ricchezza che non
trattiene tutta per lui e i suoi azionisti. Una parte viene divisa socialmente per
mantenere in vita tutta la sovrastruttura politico sindacale che lo appoggia,
altrimenti perché lo dovrebbero sostenere, perché si lasciano gli operai di Torino,
soli, davanti ad una pressione del genere?
OPERAI CONTRO
www.operaicontro.it
domenica 2 gennaio 2011
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